La cultura gastronomica italiana è ricca di ricette molto note localmente, ma pressoché sconosciute ai più. Si tratta spesso di piatti “poveri” nati dall’esigenza di far di necessità virtù, che nel tempo sono stati progressivamente abbandonati ma che oggi stanno riscoprendo la notorietà dimenticata. Tra questi piatti ce n’è uno molto noto a Napoli e in Campania: la frittata di pasta.
È una perfetta ricetta antispreco: si prende la pasta avanzata dal giorno prima, che viene cotta nuovamente in una padella con l’aggiunta di uova e di una spolverata di formaggio grattugiato. Cotta da entrambi i lati finché non fa la crosticina, la frittata di pasta è presto fatta.
Nel corso degli anni, la ricetta “base” è stata elaborata tant’è che oggi, c’è chi ci aggiunge anche il pomodoro o altri ingredienti come prosciutto, pancetta, scamorza ragù o piselli: l’importante è che il risultato finale sia compatto e non filante.
C’è una variante particolare che è la “frittata di scammaro”, una versione senza uova pensata per il periodo della Quaresima da don Ippolito Cavalcanti, gastronomo della cucina napoletana, che aveva l’esigenza di proporre una preparazione adatta ai conventi per il periodo antecedente alla Pasqua, durante il quale era vietato servire proteine animali ad eccezione del pesce che, per i monaci, non era considerata carne. Di fatto, quindi, al posto delle uova e del formaggio in questo caso la pasta avanzata dal giorno prima veniva cotta in padella con olio, olive, uvetta, pinoli, erbe e acciughe.